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Omicidio Mollicone, assolti in appello il maresciallo Mottola, sua moglie e il figlio. Rabbia e protesta

Assolti anche in secondo grado i cinque imputati per l’omicidio di Serena Mollicone. La sentenza è stata pronunciata dalla prima corte d’appello di Roma presieduta da Vincenzo Capozza, ed è stata accolta da fischi e proteste degli astanti. Erano stati chiesti 24 anni per Franco Mottola, 22 per il figlio Marco e altrettanti per la moglie Annamaria. Sono stati invece nuovamente assolti, così come i due carabinieri imputati.

erena Mollicone, 18 anni, era scomparsa nel nulla venerdì 1 giugno del 2001. La studentessa, residente ad Arce, era uscita di casa al mattino per recarsi presso l’ospedale di Sora e sottoporsi a una ortopanoramica. Nel pomeriggio aveva appuntamento con il fidanzato Michele Fiorletti per andare dal dentista. Dopo la visita, però, era sparita nel nulla. Il padre e il fidanzato, insospettiti dal suo silenzio e dal fatto che non si fosse né presentata all’appuntamento con il dentista e neanche abbia fatto ritorno a casa, si erano recati intorno alle 20 presso la caserma dei carabinieri di Arce e sporgere denuncia.

l corpo della giovane sarebbe stato rinvenuto tre giorni dopo tra i rovi e i rifiuti di una località frequentata da prostitute, lungo le sponde del fiume Liri, a distanza di 20 km da Arce. Serena aveva le mani e i piedi legati con un filo di ferro e un sacchetto della spesa infilato sulla testa e sigillato con il nastro adesivo. L’autopsia avrebbe poi accertato che non aveva subito violenza sessuale ma era stata picchiata ed era morta soffocata. Così era iniziato uno dei gialli più intricati della storia d’Italia: nel 2003 era stato arrestato con l’accusa di essere l’assassino Carmine Belli, carrozziere di Rocca d’Arce e ultima persona ad aver visto Serena in vita, la mattina della sua sparizione.

Nel processo di primo grado era emersa però l’estraneità di Belli dall’intera vicenda: il 6 luglio del 2004 il carrozziere era stato assolto con formula piena dalla corte d’Assise del tribunale di Cassino. Sentenza poi confermata anche nei successivi gradi di giudizio. L’11 aprile del 2008 si era tolto la vita il brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi. Il sottufficiale era stato chiamato in procura a Cassino come persona informata sui fatti. Il nuovo comandante della caserma di Arce, il maresciallo Gaetano Evangelista, raccogliendo le richieste di aiuto di Guglielmo Mollicone, padre mai rassegnato della povera Serena, aveva riaperto le indagini e scoperto importanti elementi che portavano tutti all’interno della caserma dei carabinieri.
Il 28 marzo del 2008 Tuzi era stato convocato presso gli uffici giudiziari e clamorosamente aveva detto di aver visto Serena Mollicone entrare nella caserma di Arce il 1 giugno del 2001 e di non averla mai più vista uscire. Una dichiarazione che avrebbe fatto da spartiacque in un’indagine giudiziaria considerata nebulosa e che avrebbe portato all’iscrizione nel registro degli indagati dei tre componenti della famiglia Mottola: l’ex comandante della caserma di Arce, Franco, il figlio Marco e la moglie Annamaria. Sotto processo anche il luogotenente Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano. Nel processo di primo grado tutti e cinque gli imputati erano stati assolti: secondo la corte d’assise di Cassino, infatti, mancava la prova regina. Sentenza confermata in secondo grado: assolti i Mottola.
 
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