venerdì, Settembre 20, 2024
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Maddalena Corvaglia, dietro il vergognoso linciaggio c’è di tutto. A partire dal sessismo

Si può non essere d’accordo con quanto ha affermato Maddalena Corvaglia in questi giorni sul caso di Imane Khelif, pugile iperandrogina che partecipa alle Olimpiadi femminili di boxe. Le opinioni sono lecite, la discussione dovrebbe essere civile. Invece, contro la Corvaglia si è verificato un disgustoso linciaggio sui social e sui media che dovrebbe far riflettere. Perché quello che si è letto da più parti in questi giorni ha dell’incredibile. Per i contenuti feroci e per il sessismo, parola tanto cara quando si tratta di difendere giustamente le donne e le minoranze, che è emerso da parte di molti commentatori “politicamente corretti” sul Web – e non solo. Corvaglia è una bella donna, è bionda, è un ex Velina. Per cui non può che essere stupida e i suoi pensieri, anziché essere confutati, devono essere derisi. Ed è qui che la “cultura Woke” si avvita in una serie di clamorose contraddizioni. Che possono essere riassunte così: la lotta contro la violenza sulle donne diventa, all’occorrenza, violenza (verbale) contro le donne che si permettono di dissentire dalla vulgata comune. La protesta delle atlete donna contro la partecipazione di pugili (e non solo) iperandrogini alle competizioni femminili viene minimizzata o derisa. Eppure si tratta di donne.

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La dura presa di posizione di Martina Navratilova, donna, lesbica e portavoce dei diritti del movimento Lgbtq contro la decisione del Cio di far salire sul ring Khelif e l’altra discussa pugile Lin Yu Ting, viene citata in cronaca ma poi ignorata. Contro la Navratilova, visto il suo passato e la sua posizione, non si può scatenare un linciaggio. Si fa prima a ignorarla, anche se al suo fianco si sono schierati molti gruppi femministi. Ma le donne, a quanto pare, vanno protette e ascoltate solo quando fa comodo. Con la Corvaglia, invece, ci si può permettere di tutto. Non ci credete? Facciamo un rapido riassunto del modo in cui è stata trattata per le sue opinioni, citando qualche titolo di questi giorni, senza citare gli autori. Ma sono tutte testate pubbliche e, di solito, “politicamente corrette” (o quasi). “Non c’e tregua ai deliri di Maddalena Corvaglia“. “Maddalena Corvaglia, deliri transfobici social“. “Imane Khelif, il video social di Maddalena che ha generato sdegno e ironia“. E ancora, “il video gaffe”, “la figuraccia di Maddalena Corvaglia” (su un settimanale femminile). “Maddalena Corvaglia continua a fare disinformazione sul caso Khelif” seguito da un sarcastico “ci stavamo dimenticando di lei”.

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Ma cos’ha detto l’ex velina di così terribile per essere trattata con una cattiveria e una mancanza di rispetto che non vengono usati nemmeno nei confronti di incalliti criminali? In sintesi, di essere contraria alla partecipazione di Khelif in quanto “uomo”. Ochei, poteva essere più specifica e meno categorica, ma questa è un’opinione condivisa da molti. E’ proprio questo il fulcro della discussione pubblica: confrontare le opinioni. Poi ha usato un esempio, forse infelice, ma del quale non era difficile cogliere il senso metaforico: “Se una bambina di 4 anni si identifica in un adulto può guidare la macchina?”. Sono domande che escono spesso nelle discussioni fra persone comuni, e che abbiamo già sentito fare anche da personaggi pubblici. Corvaglia ha espresso un parere anche su certe aberrazioni – e sono aberrazioni per molti – della cultura iper individualista che porta a uno scollamento fra la realtà e l’autopercezione che, in psicologia e in psichiatria, fino a poco tempo fa era considerato un disturbo da curare. Infine, ha definito Khelif non come un mostro, ma come “una vittima del sistema“. Tanto è bastato per provocare una caccia alle streghe dai toni incredibilmente violenti. E se questa è la cultura del rispetto, allora qualche domanda bisognerebbe porsela.

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