domenica, Settembre 8, 2024
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LIBERTÀ E BELLEZZA: INTERVISTA A VITTORIO SGARBI

Vittorio Sgarbi: il nome per eccellenza della critica d’arte in Italia.

Ma Vittorio Sgarbi non è solo il critico d’arte: è anche curatore di grandi mostre internazionali, scrittore prolifico di libri best-seller, conduttore di trasmissioni di successo che sono rimaste nella storia della televisione, uomo politico, libero pensatore controcorrente, e instancabile difensore dell’arte e della cultura.

Lo abbiamo incontrato oggi, 14 maggio, a Lavello (Potenza) presso la Galleria d’Arte di Antonello Di Pinto.

20240514 151026Durante l’incontro, si è discusso del ritrovamento del dipinto di Michelangelo Da Merisi, in arte Caravaggio, a Madrid, presso la Casa D’Aste Ansorena: una eccezionale scoperta fatta qualche anno fa da Antonello Di Pinto. Il quadro era stato attribuito erroneamente alla cerchia di José de Ribera, un artista del diciassettesimo secolo. L’opera è stata valutata da Vittorio Sgarbi, che ne ha attestato l’attribuzione, dopo aver ricevuto la fotografia scattata da Antonello Di Pinto, nel marzo del 2021.
Si è discusso, inoltre, della candidatura di Vittorio Sgarbi alle elezioni europee con Fratelli d’Italia.

Lei ha un’ammirevole capacità di entrare nel mistero delle opere d’arte, e dei luoghi visitati, rendendo il tutto una prosa che affascina: i suoi libri, infatti, hanno avuto un gran successo. In che modo l’arte è entrata così profondamente nella sua vita?

“Tutto è avvenuto grazie al mio incontro con degli ottimi maestri, tra cui mio zio: ho sempre avuto una predisposizione verso la letteratura. All’università ho trovato un grande professore, che era anche un letterato, uno scrittore straordinario: Francesco Arcangeli, il primo allievo di Roberto Longhi, il primo critico d’arte del Novecento. Ho sentito, fortemente, nelle sue parole, che mi si apriva una dimensione nuova della bellezza, che non era solo quella delle parole, ma anche quella delle immagini. Cominciavo a muovermi per l’Italia, e, vedendo i capolavori delle città dove andavo, come Lucca, Firenze, iniziavo a mostrare e a sentire predilezione per alcuni artisti. Tra i primissimi, vi erano Jacopo della Quercia, Ilaria del Carretto, così come Agnolo Bronzino. Nelle opere di questi autori, vedevo dipinta la poesia che avevo letto nei poeti. Nel 1970, ho cominciato a occuparmi d’arte. Tutto questo, grazie a un maestro che mi ha fatto sentire la vita dell’arte, della bellezza delle opere, nella loro materia, nella loro fisicità, come se fossero persone, come se avessi con loro un rapporto fisico, erotico”.

Di recente, ha pubblicato il libro “Ecce Caravaggio- Da Roberto Longhi a oggi”, all’interno del quale è stata ripercorsa la testimonianza di Antonello Di Pinto. Quali sono state le sue emozioni prevalenti, dopo aver appurato che si trattava di un Caravaggio?

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“Antonello Di Pinto mi ha mandato la foto, e ho fatto le ipotesi che si fanno davanti a un quadro del Seicento. Non era né di Mattia Preti, né di José De Ribera, ma era qualcosa di più assoluto, di più sintetico, di più concentrato: portava il nome di Caravaggio. L’ho detto subito, e ho pensato di acquistarlo per l’Italia, per i Musei Statali, per una fondazione privata (…)
È nata una corsa di diverse persone a comprarlo, che ha indotto i venditori a ritirarlo dall’asta. Da quel momento, vincolato alla Spagna per una volontà dello Stato, il dipinto è rimasto in Spagna, non è stato più portato in Italia”.

Cosa pensa dell’imposizione di avvicinare i giovani all’arte? Ritiene che sia giusto
oppure l’ “obbligo” può inibire le loro passioni e il loro piacere?

“L’obbligo provoca l’effetto contrario. Imporre la poesia ha portato molte persone ad allontanarsi da Ariosto, da Tasso, da Dante (…)
Se fosse obbligatorio anche lo studio dell’arte, avremmo minore attenzione verso l’arte. È importante avvicinarsi all’arte spontaneamente, con la sollecitazione di un buon professore, ma con molto margine di libertà. È come l’amore. Imporre l’amore significa indurre a non amare. I processi di attrazione sono molto complessi. L’arte richiama il rapporto amoroso tra due persone. L’opera è una persona, ci parla”.

Il connubio tra pittura e letteratura. Quali pittori sono i più vicini alla letteratura?

“Tutti i pittori hanno una dimensione letteraria. Lorenzo Lotto aveva una sensibilità letteraria.
Leopardi, che aveva la possibilità di vedere i dipinti di Lotto a Recanati, non li ha mai visti. Vi è una maggiore disponibilità, dunque, nei pittori ad aprirsi alla letteratura, piuttosto che da parte dei letterati nei riguardi della pittura”.

Lei si è candidato con Fratelli d’Italia alle elezioni europee. Quali sono i suoi obiettivi prevalenti, e in che modo intende divulgare la bellezza e l’arte?

“Ritengo che il Meridione d’Italia sia uno dei luoghi più belli, è un patrimonio, un tesoro. Occorre che qualcuno, con forza, lo testimoni in Europa.
Si viaggia per andare a Paestum, a Pompei, a vedere i Bronzi di Riace (…)
Ma queste ricchezze così grandi non hanno un corrispettivo economico, tale da rendere felici le terre in cui vi sono queste opere: questa è la contraddizione del Meridione, e occorre risolverla. Occorre trasformare tutto ciò che è inteso in senso negativo in valore positivo, per fare in modo che la questione meridionale diventi l’orgoglio meridionale, e una vera e propria forza, che in Europa ha una presenza pari alla bellezza dei luoghi”.

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