sabato, Ottobre 5, 2024
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Joker Folie à Deux, o il musical che non volevamo

Dopo la fortunata e omonima prima parte che mostrava le origini della sua formazione attraverso la vita dell’alienato Arthur Fleck, clown part time ed aspirante stand-up comedian, ci si aspettava che Todd Phillips scavasse ancor di più all’interno del suo archetipo Joker. Ma così non è stato. Joker è l’eroe degli ultimi, che uccide i rampolli di Wall Street noncuranti delle conseguenze delle proprie azioni, che si esibisce nel suo show personale davanti a migliaia di spettatori solo per inscenare la sua conseguente condanna a morte, ma la sua vita può essere solo una commedia? In un certo senso, tutta la sua esistenza è una performance, con un pubblico che lo osserva, giudica e lo ridefinisce. Arthur si trasforma in Joker quando capisce che, per essere visto, deve sovvertire le aspettative e trasformare il suo dolore e la sua alienazione in uno spettacolo violento e tragico, una commedia nera, una satira grottesca del mondo che lo circonda.

Come analizza Alison Wilmore su Vulture, lo scherzo secondario di Folie à Deux è che, sebbene sia un musical da jukebox, la cui selezione di brani spazia da Stevie Wonder ai Bee Gees, fino agli gloriosi standard jazz swingati dei classici musical della MGM, è perversamente dedicato a eliminare quanto più piacere possibile dalla sua messa in scena. Tutto è finzione, niente è realtà, ma questo vale anche per lo stesso musical? Dalle palesi difficoltà nel giustificare il suo utilizzo come linguaggio onirico, fino alle interpretazioni degli stessi attori che sembrano quasi uscire dalle loro parti negli stacchi musicali, o nel caso di Lady Gaga nel replicare la sua esibizione canora nell’album con Tony Bennet, Love for Sale, sembra tutto molto caotico senza una reale risoluzione.

Il risultato ottenuto fa sì che i brani siano ridotti a dei mal riusciti arrangiamenti da cabaret contro il vuoto nero dell’immaginazione condivisa dei personaggi. «Per due psicopatici apparentemente sconvolti che dovrebbero interagire l’uno nella follia dell’altro, Arthur e Lee non hanno un briciolo di creatività tra loro. L’impegno reciproco di Phoenix e Gaga è sufficiente a generare una certa tensione durante i dialoghi, ma l’unico duetto che cattura la stessa eccitazione è quello messo in scena come uno show televisivo in stile Sonny & Cher», in cui va in la scena la morte dello stesso Joker.

Il risultato di Joker: Folie à Deux è sicuramente un tentativo ambizioso ed interessante di riscrivere sia la figura dello stesso Joker, in perenne conflitto con la sua doppia personalità, attraverso la costruzione di uno show stralunato, ma sembrano mancare gli elementi effettivi per giustificare un passaggio così drastico da una forma narrativa all’altra. Come spiega attentamente David Ehrlich su IndieWire, «è un film in cui il personaggio muore nella sua stessa assenza».

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