domenica, Settembre 8, 2024
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Il vescovo cattolico di Kiev Krivitsky: «Il Papa qui è impopolare. Bisogna chiamare “vittime” le vittime»

UCRAINA E RUSSIA

di Lorenzo Cremonesi

KIEV — «Dall’inizio della guerra le nostre chiese sono molto più frequentate di prima. Con la sofferenza così diffusa, i fedeli cercano il conforto del divino», dice il vescovo cattolico di Kiev e Zhytomyr, il 52enne Vitaly Krivitsky. Gli abbiamo parlato mentre nella sua basilica si stava preparando per le celebrazioni della festa. Come vive la sua Chiesa questa terza Pasqua di guerra? «Abbiamo tante famiglie che non possono trascorrere assieme il giorno di festa. Tanti uomini sono al fronte come soldati, altri famigliari sono sfollati o si trovano all’estero come profughi e hanno abbandonato le loro case. Ma in tempo di guerra ho visto molti fedeli venire per la messa e per seguire le celebrazioni. Abbiamo vissuto un profondo rinnovamento al nostro interno. La gente si riconosce nella passione del Cristo, chi ha visto la morte dei suoi cari capisce anche il dolore degli altri. I nostri fedeli nella Pasqua cercano adesso una speranza. In generale, mi sento di dire che tanti credenti adesso sono diventati più praticanti ed è anche cresciuto il numero dei credenti. Lo avevamo visto anche alla messa dello scorso Natale nelle grandi città, c’era più gente che nel passato, come prima del Covid».

Prima della guerra i cattolici rappresentavano circa l’11,1 per cento degli ucraini. Sono diminuiti nel Paese?

«Non abbiamo statistiche precise. Ma sembra che la percentuale non sia cambiata negli ultimi due anni. Alcune parrocchie si sono svuotate, ma altre sono più gremite specie qui attorno alla capitale e nelle province occidentali, dove sono sfollati i cattolici dal sud e dall’est del Paese».

Il patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, ha ripetuto negli ultimi giorni che questa è una guerra santa voluta da Dio e Putin deve proseguire con l’invasione. Cosa risponde?

«Le parole di Kirill non sono parole di un credente. In Ucraina abbiamo un Concilio di tutte le Chiese e organizzazioni religiose, che unisce ortodossi, cattolici, protestanti eccetera e giovedì il Concilio ha reso noto un documento in risposta che condanna le parole di Kirill e ribadisce che esprimono valori e contenuti assolutamente distanti dalla fede e dal cristianesimo. A questo Concilio appartiene anche la Chiesa ortodossa ucraina legata al patriarcato di Mosca, la quale a sua volta ha firmato la dichiarazione e lo stesso ha fatto un dipartimento della Chiesa ortodossa di Mosca. Kirill parla da non credente, non servono ulteriori commenti da parte mia».

Ci sono due Chiese ortodosse in Ucraina, una legata a Mosca e l’altra a Kiev. Lei si rapporta con entrambe allo stesso modo?

«Negli ultimi anni la Chiesa ortodossa legata a Mosca rifiuta qualsiasi contatto con noi. Io, dunque, mi rapporto con il patriarcato di Kiev e il suo metropolita Onofrio. Quest’ultimo Natale per la prima volta Onofrio mi ha mandato gli auguri. Il patriarcato di Mosca non ha mai risposto agli auguri. Spero capiscano che c’è bisogno di dialogo».

Papa Francesco è poco popolare in Ucraina a causa delle sue posizioni, che qui sono percepire come filorusse. Crede vi sia ancora spazio per una mediazione vaticana per la pace tra Mosca e Kiev?

«Prima della guerra i nostri sondaggi ponevano Papa Francesco al primo posto tra i più amati e popolari in Ucraina di tutti i leader religiosi nel mondo. Il Papa godeva della nostra fiducia più totale. Ma dopo questi due anni di guerra lui è caduto ai livelli più bassi della popolarità. Capisco che il Papa conosce elementi e ha contatti che io non posso giudicare. Sono comunque grato al suo sforzo per tenere via l’attenzione mondiale su questa guerra. Voglio aggiungere che qui alcune prese di posizione del Papa e certe sue dichiarazioni hanno causato grandi sofferenze. Se possono portare alla pace, beh allora vanno bene, magari daranno frutti in futuro, noi comunque preghiamo sempre per lui. La nostra speranza resta che qualsiasi soluzione della guerra veda sempre pienamente coinvolti gli ucraini. Noi soffriamo la mancanza di precisione delle definizioni: un aggressore va considerato aggressore e la vittima aggredita appunto va chiamata con chiarezza vittima. Ci piacerebbe tanto che il Papa potesse vedere la guerra attraverso gli occhi delle sofferenze ucraine, forse il dialogo sarebbe più semplice».

Kirill non vuole il Papa a Mosca, ma secondo lei dovrebbe comunque venire in Ucraina?

«Il Papa risponde agli inviati degli Stati. La Russia non lo vuole, ma l’invito dell’Ucraina è sempre aperto. Sta al Papa decidere e comunque potrebbe venire liberamente da noi. Se fosse venuto due anni fa, subito dopo l’attacco russo, la visita avrebbe dato frutti molto più ricchi che se venisse oggi».

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