lunedì, Settembre 16, 2024
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Caso Yara, Cattaneo: “Era stata una vittima lasciata a morire, poteva essere salvata?”

Per trovare il mostro andava fatta qualunque cosa. Per dare un volto a colui che aveva ucciso Yara, l’aveva costretta all’agonia, l’aveva lasciata a morire in un campo stringendo tra le mani l’erba sotto il suo corpo, si ra disposti a tutto: l’intera Italia voleva quel volto, e voleva qualcuno da odiare. Lo si comprende anche dal racconto di Cristina Cattaneo, anatomopatologa che si occupò di Yara: “Non riuscivamo a camminare, a scendere dalla macchina tanta era la folla di gente. E questo è stato per noi un imprevisto, non era mai successo in tanti anni”. Con queste parole, la dottoressa Cristina Cattaneo inizia il suo racconto sul ritrovamento del corpo della giovane nella docuserie Netflix Il Caso Yara: Oltre Ogni Ragionevole Dubbio.

La tragica vicenda di Yara, la 13enne di Brembate scomparsa il 26 novembre 2010, culminò nel ritrovamento del suo corpo il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d’Isola, in provincia di Bergamo. Fu un 40enne appassionato di aeroplanini telecomandati a fare la terribile scoperta. L’uomo si trovava nel campo per provare uno dei suoi apparecchi e, quando l’aeroplanino cadde, notò il corpo senza vita di Yara.

Per l’omicidio della ragazza, Massimo Bossetti, muratore di Mapello, è stato condannato all’ergastolo in via definitiva nel 2018 e sta scontando la sua pena nel carcere di Bollate.

La scena del crimine era piena di incertezze. “Non c’era nulla di chiaro: dal momento in cui è avvenuta la morte, alla causa di morte, a dove era stata, e cos’era stato in contatto con il suo corpo prima che venisse uccisa,” spiega Cattaneo. Dopo diverse ore di esami sul posto, il corpo di Yara fu trasferito all’istituto di medicina legale per ulteriori indagini.

“All’autopsia c’era molta più gente del solito, c’erano anche tutti gli esperti dell’ambiente che sono venuti a recuperare ciò che era rimasto sul corpo, per ricostruire l’epoca e le dinamiche. Tutto quello che abbiamo ricostruito porta a dire che è morta lì. Stringeva dell’erba in mano, l’erba di quel campo,” ricorda la dottoressa.

Nonostante l’assenza di segni di violenza sessuale sul corpo, l’incertezza rimaneva. “Tuttavia, nessuno può dire se ci sono stati o meno dei contatti,” precisa l’esperta. Dalle lesioni del corpo di Yara furono prelevati diversi campioni per ulteriori analisi. “Mentre li studiavamo, mi chiamò il microscopista e mi chiese: ‘Perché c’è della calce?’. Il corpo era stato in contatto con calce, cemento, era un elemento importante. E facendo le stesse cose sui vestiti abbiamo trovato sferette di metallo che sono classiche degli ambienti dell’edilizia,” ricorda la dottoressa.

 

 

 

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