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Arte: Perugino

Perugino, l’equilibrio dei grandi

Prosegue la mostra sul “Primus pictor in orbe“ e la sua pala fanese. Nella predella c’è la mano di Raffaello

DI GIOVANNI VOLPONI

Pietro Vannucci, si chiamava. Il Perugino, come passerà alla storia. “Primus pictor in orbe“, ovvero primo pittore al mondo, come venne qualificato nel contratto del 1488 che lo porta a Fano a realizzare due importanti pale. E proprio questa descrizione dà il titolo alla mostra in corso al palazzo malatestiano, visitabile fino al 7 aprile.

“L’esposizione è l’abbraccio che la città dà al dipinto – spiega Anna Maria Ambrosini Massari, curatrice assieme a Emanuela Daffra – appena tornato da un lungo e approfondito restauro svolto a Firenze, presso l’Opificio delle Pietre Dure. Mi piace chiamarla una mostra-dossier, perché i tre dipinti (la pala vera e propria, la lunetta e la predella) sono corredati da pannelli e schermi con video che raccontano tutto il contesto, i dettagli dell’opera e il grande restauro durato due anni”.

E di spunti, per questo “dossier“, la pala ne offre tanti: “L’importanza della pala cosiddetta “di Durante“, dal nome del committente che la volle per testamento, è grande per la carriera del Perugino: tra gli anni ‘80 e ‘90 era il più ricercato, il più pagato, reduce dagli affreschi nella cappella Sistina, e così si spiega l’appellativo di primo al mondo. A Fano c’era una situazione favorevole con i minori osservanti che si erano appena trasferiti in una nuova chiesa (Santa Maria Nuova), a San Lazzaro, e così oltre alla pala in questione gli commissionano anche una Annunciazione”.

La pala di Durante raffigura invece una Madonna col Bambino sotto una loggia, circondata dai santi Giovanni Battista, Ludovico da Tolosa, Pietro, Paolo, Francesco e Maddalena. Sotto il trono, una bellissima iscrizione sulla committenza e la sua firma con la data 1497. Nella lunetta, vi è il Cristo in pietà fra la Vergine e san Giovanni, Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea. “Questi ultimi due – spiega Ambrosini – vennero aggiunti dopo: il restauro ha svelato un paesaggio dietro. Probabilmente furono i frati ad avere esigenze diverse. Anche la predella è interessante: vi sono le storie della Vergine: nascita, presentazione al tempio, matrimonio, annunciazione e assunzione. Anche qui la storia è curiosa: nel contratto non era presente il matrimonio ad esempio, poi si cambiò, forse in seguito al culto del sacro anello della vergine nel duomo di Perugia, cui i francescani erano devoti. Ad ogni modo, il restauro ha messo in luce vari aneddoti che si possono scoprire alla mostra: tra questi, il fatto che nella tavola centrale erano state inizialmente disegnate delle sbarre di ferro sotto le volte della loggia, elemento presente in un’altra pala, oggi a Senigallia, una gemella della nostra. Altra conferma data dal restauro sono le più mani al lavoro nella predella”.

Si ha quindi la certezza che, come era prassi per l’epoca, il maestro delegava alla bottega alcuni dettagli, specialmente nella predella. E il quattordicenne Raffaello potrebbe averci messo mano: “Non è una novità: già Roberto Longhi notava nella predella un’attenzione al classico, una eleganza non peruginesche e analogie con la Madonna di casa Santi. Del resto Perugino, che lo conosceva da tempo, ritrovò Santi all’inizio del cantiere fanese, per il quale quest’ultimo ha realizzato una tavola, quando Raffaello tuttavia aveva solo sei anni. Poi, anni dopo, è possibile che il ragazzino abbia preso parte alle fasi finali del cantiere fanese, mettendo anche mano, perché no, nella predella. Difficilissimo pensare invece a interventi di un quattordicenne sulla tavola centrale o sulla lunetta: Perugino aveva una reputazione da difendere e un contratto da rispettare: le parti principali le faceva lui, perché lui firmava, e non avrebbe permesso “intrusioni“ degli allievi. Discorso a parte per la predella, per la quale sono emersi dei disegni attribuiti a Raffaello della scena della natività che avvalorano con documenti le ipotesi che si possono fare anche osservando criticamente il dipinto o la presenza di colonne, che Perugino non usò mai, al posto dei pilastri”.

Insomma, una mostra che svela tanti dettagli e permette di vedere da vicino un vero capolavoro del Quattrocento. Nel mese di marzo ci saranno anche incontri e dibattiti aperti al pubblico, per approfondire queste intriganti storie.

DI GIOVANNI VOLPONI

 

 

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