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Addio a Philippe Leroy: l’ultimo gentiluomo del cinema italiano

di Stefano Patroselli

Roma, 1 giugno 2024 – Il mondo del cinema piange Philippe Leroy, scomparso questa sera a Roma all’età di 93 anni. L’attore francese, malato da tempo, lascia un vuoto incolmabile nel panorama cinematografico internazionale. Con oltre duecento film all’attivo, Leroy è stato un volto familiare e amato sia dal pubblico del grande schermo che da quello televisivo.

Nato a Parigi il 15 ottobre del 1930, Philippe Leroy-Beaulieu proveniva da una nobile famiglia con una lunga tradizione di soldati e ambasciatori. Cresciuto in un ambiente aristocratico, frequentò una scuola gesuita e a soli 17 anni si imbarcò come mozzo su una nave per l’America, vivendo un’esperienza che sembrava uscita direttamente dalle pagine di Joseph Conrad. Al suo ritorno, si arruolò nella Legione Straniera, combattendo in Indocina e Algeria come paracadutista, e raggiungendo il grado di capitano.

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La svolta cinematografica arrivò nel 1960, quando Jacques Becker lo scelse per il film “Il buco“. La sua presenza scenica, caratterizzata da un fisico asciutto e da un’aura di pericolo vissuto, lo rese perfetto per il ruolo e gli donò un successo mondiale inaspettato. Tuttavia, con la fine della guerra d’Algeria, Leroy decise di lasciare la Francia e approdò in Italia, trovando il suo nuovo habitat naturale a Cinecittà.

Grazie a Vittorio Caprioli e Franca Valeri, Leroy ottenne i primi ruoli nel cinema italiano, con “Leoni al sole” (1961) che segnò il suo debutto. Da quel momento, il cinema francese sembrò dimenticarlo, ma l’Italia lo accolse come un figlio adottivo. La sua carriera fu costellata da ruoli indimenticabili, spesso come villain, ma anche come gentiluomo raffinato. Il grande successo arrivò nel 1965 con “Sette uomini d’oro” di Marco Vicario, che lo consacrò definitivamente.

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Leroy non fu solo un attore di cinema; la televisione italiana gli regalò una seconda vita professionale. Nel 1971, vestì i panni di Leonardo da Vinci nello sceneggiato di Renato Castellani e nel 1976 interpretò Yanez de Gomera nel celebre “Sandokan” di Sergio Sollima, conquistando il cuore di milioni di telespettatori.

Tra i suoi ruoli più memorabili in TV si ricordano le interpretazioni in “Quo vadis?“, “Il generale“, “Elisa di Rivombrosa“, “L’ispettore Coliandro” e “I Cesaroni“. Nonostante le molteplici esperienze teatrali e cinematografiche, fu la televisione a offrirgli i ruoli più amati dal pubblico.

Philippe Leroy non era solo un attore, ma un uomo dalle mille sfaccettature. Dopo i 50 anni abbracciò la passione per il paracadutismo, realizzando oltre 2000 lanci, alcuni dei quali anche in Afghanistan come osservatore nel contingente italiano. Nella sua vita privata, amava costruire case e lavorare il legno, come lui stesso ricordava con orgoglio.

Negli ultimi anni, Leroy visse con la moglie Silvia, figlia di Enzo Tortora, in un incantevole borgo sulla via Cassia, circondato dai suoi amati mobili e oggetti in legno. Con la sua scomparsa, il cinema perde un protagonista austero e ironico, un mito dalla voce roca e sorniona, capace di raccontare la sua vita da eroe conradiano con un distacco elegante e affascinante.

Philippe Leroy ci lascia una grande eredità artistica e un esempio di vita vissuta con intensità e passione. Addio, Philippe, il tuo ricordo rimarrà scolpito nella storia del cinema e nei cuori di tutti noi.

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