domenica, Settembre 22, 2024
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Olio d’oliva, oro liquido delle nostre tavole

Protagonista indiscusso della cucina mediterranea, gustoso ed untuoso condimento ricavato da una pianta da sempre legata alla nostra cultura, l’olio d’oliva, con il suo profumo caratteristico ed il suo meraviglioso colore, rappresenta il condimento per eccellenza delle nostre tavole.

Composto per la quasi totalità, da acidi grassi monoinsaturi, con effetti benefici a carico del sistema cardiovascolare, questo prezioso liquido è fonte anche di altre sostanze utili per la nostra salute, come la vitamina E, che protegge da decalcificazione, osteoporosi e fratture, il betacarotene (meglio noto come provitamina A) ed i polifenoli. Questi composti fenolici sono potenti antiossidanti in grado di contrastare l’ossidazione dell’olio e, quindi il suo invecchiamento, permettendone il consumo e la conservazione dei sapori.

I polifenoli hanno anche forti poteri antiossidanti sul nostro organismo e la capacità di ritardare l’invecchiamento cellulare, oltre a ridurre i livelli di colesterolo cattivo nel sangue (LDL), aumentare quelli di colesterolo positivo (HDL) e prevenire la formazione di radicali liberi.

Una corretta conservazione dell’olio d’oliva, dunque, serve anche a rallentare i fenomeni degradativi a carico dei polifenoli stessi, legati all’interazione con il calore, con la luce e con l’ossigeno, il fattore ossidante per eccellenza cui siamo tutti costantemente sottoposti.

La commercializzazione di oli di oliva, nelle categorie merceologiche “Extra Vergine” e “Vergine”, è subordinata anche alla valutazione organolettica, eseguita da parte di un panel di assaggiatori, opportunamente formato: il regolamento di esecuzione (UE) 2019/1604 stabilisce nel dettaglio le caratteristiche degli oli d’oliva e di sansa, imponendo i criteri di valutazione da adottare.

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Per diventare assaggiatori di oli d’oliva è necessario superare delle prove di idoneità fisiologica, frequentare un corso da assaggiatore e sostenere almeno 20 sedute certificate di assaggio.

Si potrà, così, acquisire la sensibilità necessaria a riconoscere i difetti ed a valutare i pregi, anche se sarà solo l’esperienza, come sempre, a fare la differenza.

Quando assaggiamo un olio d’oliva, con il nostro olfatto andiamo a valutare l’eventuale presenza di difetti e solo in minima parte dei pregi che, invece, possiamo verificare e quantificare introducendo l’olio all’interno della nostra cavità orale ed eseguendo una nebulizzazione della massa d’olio stessa, mediante una tecnica che si chiama “strippaggio, che consiste nel far passare piccole quantità di aria attraverso i denti, dopo aver “spalmato” un sorso d’olio all’interno della bocca. È importante far giungere l’olio fino alla parte finale della lingua ed in gola perché è qui che riusciamo a percepire meglio l’amaro ed il piccante.

Fruttato (fresco da olive verdi, o maturo se invece ricorda la drupa matura), amaro e piccante sono le caratteristiche positive da determinare quando si assaggia un olio d’oliva, mentre decisamente più numerosi sono i descrittori impiegati per determinare attributi negativi, riconoscibili già al naso.

Morchia, muffa-umidità, avvinato-inacetito, metallico, rancido, cotto o stracotto, fieno-legno e sentore di terra, sono solo alcuni dei difetti che potremmo trovare, avvicinando il naso ad un olio d’oliva.

La muffa è caratteristica di oli ottenuti da frutti ammassati per molti giorni in ambienti umidi, sui quali, dunque, si sono sviluppati funghi e lieviti; il rancido è tipico di quegli oli d’oliva che si sono ossidati, mentre la morchia è quel flavor caratteristico di oli ottenuti da olive che hanno subìto fermentazione anaerobica o comunque non preservate in caratteristiche idonee e non lavorate in tempi rapidi, successivamente alla raccolta.

Al naso, però, è anche possibile percepire profumi gradevoli come agrumi, mela, banana, foglie di pomodoro, carciofo, peperone, che faranno aumentare la valutazione dell’olio stesso.

Un elemento, invece, da non prendere in considerazione quando si analizza questo prodotto è il colore, poiché non rappresenta un indice di qualità: per tale motivo, infatti, le analisi sensoriali dell’olio vengono condotte utilizzando bicchierini scuri.

Attenzione a non confondere l’amaro o il piccante di un olio con l’acidità che è, invece, un parametro misurabile solo chimicamente. L’assenza di questi due attributi positivi potrebbe essere sintomo di un olio vecchio oppure sottoposto ad un processo di lavorazione non adeguato o ad una conservazione non ottimale, che lo ha portato ad ossidarsi prematuramente.

Ricordiamoci, inoltre, che non esistono zuccheri all’interno della drupa di oliva e, dunque, è concettualmente errato parlare di dolcezza di un olio.

Conoscere l’olio ci servirà anche ad operare il giusto abbinamento con il cibo: oli leggeri e delicati, infatti, si possono utilizzare per condire piatti semplici, come l’insalata o pesci cotti in maniera non particolarmente elaborata, mentre oli molto profumati, piccanti ed amari, sono perfetti per piatti importanti e strutturati.

Cerchiamo, dunque, di utilizzare al massimo i nostri sensi, anche semplicemente per condire un pesce bollito e ricordiamo che la qualità della nostra vita dipende enormemente dalla qualità di ciò che ingeriamo.

La buona tavola è come una sinfonia di sapori, del resto, “Non soltanto il vino canta, anche l’olio canta, scrisse il grande poeta cileno Pablo Neruda in una delle sue poesie: predisponiamoci, dunque, all’ascolto di questo canto!

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