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”UNA RADICE D’ULIVO, FRA REALTA’ E SOGNO” NOTE SULLA POESIA DI MARIA TERESA LIUZZO – DI NUCCIA FRATTO PARRELLO

”UNA RADICE D’ULIVO, FRA REALTA’ E SOGNO”

NOTE SULLA POESIA DI MARIA TERESA LIUZZO

IN ”L’OMBRA NON SUPERA LA LUCE”

 

A CURA DI NUCCIA FRATTO PARRELLO

 

”El canto quiere ser luz. / En lo oscuro el canto tiene / hilos de fòsforo y luna”. ( F.G.Lorcal Teorìas, 1921 -1924 ) ” Il canto vuole essere luce. / Nel buio ha il canto / fili di fosforo e di luna.” ( F.G.Lorca , Teorie, 1921- 1924 ). / ”L’ombra non supera la luce” di Maria Teresa Liuzzo mi riporta subito a questi versi. La poesia vuole diventare luce: nel suo percorso faticoso, affannoso verso questa meta, si avvale di tutti quei bagliori che, poi, permetteranno di raggiungere l’agognata, splendente chiarità. Così nell’incanto del poeta andaluso, così nella nostra poetessa reggina. ” Sei immerso nel buio, / ma non rattristarti / ogni luce nasce da notte oscura.” Se poi questa luce è speranza, amore” … nasce sogno d’innocenza… Dove sono i semi / dell’amore / fioriscono girasoli.” Il tema dell’amore, con le sue mille sfaccettature, è dominante nella poesia della Nostra. Quasi fonte cristallina, genera i mille rivoli di altri sentimenti forti che Maria Teresa nutre, con delicatezza e vigore insieme, e grida a un mondo distratto dalle cure di una quotidianità frenetica. La denuncia è decisa e, spesso, accorata. Natale: i nostri bambini ” fortunati ” hanno tutto; ci sarà qualche briciola anche per ”…gli scriccioli africani?” Magari ”… otri che liberino / i venti dell’amore / distruggano le armi, / impediscono gli eccidi / partoriti dall’egoismo… / Egoismo, assenza totale di amore verso gli altri; su questi altri, dimenticati dall’amore, si posa lo sguardo della poetessa, ferito da tanta sofferenza. ” Non siano gli occhi/ dei bimbi / più grandi dei volti / e il pianto / non alimenti paludi”. No, dunque, alla palude dell’indifferenza di chi non ode il pianto dei fratelli, soprattutto dei più piccoli, sì agli ” ubertosi campi della pace”. La pace e il suo contrario, la guerra che ci sottrae il chiarore delle stelle e illumina le macerie delle città martoriate da ordigni di morte. Torna il sogno biblico che gli uomini possano, finalmente in pace, specchiarsi nella pura corrente dei fiumi dell’Eden. La guerra è morte, la pace è speranza di vita e sparge, a piene mani, i semi del bene. La ricerca del bene è una costante della poesia della Liuzzo, ricerca di ” lavacri ” / contro il rogo dell’anima” , certezza del Sommo Bene, che le permette di ”… sentire sulle guance / scivolare il pianto / il fazzoletto / e le carezze di Dio.” / Di questa fede si colgono i segni in tutta l’opera: semplice quando avverte sulla pelle il calore della Nascita Divina, estatica all’ascolto della Voce nell’immensità della luce; umile nell’incontro quotidiano con la Croce ” delusa”, lungo la via disseminata di altre croci, sulla terra che si nutre del ” sangue del Costato”; autentica nella speranza che ” il Nazzareno” cancelli ogni dolore. Quanto, quale dolore può essere cancellato dall’amore di Dio? Il cuore della poetessa guarda sgomento alla Storia, passata e presente; all’olocausto delle svastiche al vento e dei migranti, che lasciano in fondo al mare i loro ”brandelli di sogni”, miraggi vani dopo il deserto, la fame, la sete, lo sfinimento. A quelli che arrivavano nella terra del sogno e, lungo i semafori dell’elemosina e dell’umiliazione, si portano dentro echi e profumi di plaghe ormai lontane, perdute per sempre. Anche noi migrammo un tempo e i nostri vecchi, ieratici custodi di paesi abbandonati, serbano ” nella mente del cuore” i morsi della nostalgia e del rimpianto”… sui lunghi treni / verso l’ignoto. ” Come avrebbero potuto dimenticare il loro Sud? ” Il Sud è il sole / i cieli sereni, le rive / incantate…” Questi cieli, queste rive si respirano col profumo della zagara nelle liriche di Maria Teresa, una radice d’ulivo fra realtà e sogno, in questa millenaria terra egli antichi Bruzi. Sono descrizioni, azzurre e solari, di paesaggi fantastici, che si mescolano con antichi miti e memorie personali dell’autrice. Il mito e la vita, Scilla e Cariddi, la nave di Ulisse e la tela di Penelope in ” …fantasie intrecciate / di ginestre e tuniche d’oro…” Qui i sogni sono ” azzurrati” e questo splendido mare di Calabria tutto avvolge, anche le memorie ”… che nel tremolio del tempo e dell’onda, / cancellano inverni…” Su queste rive, un tempo, una fanciulla teneva i sogni fra le sue mani e guardava alla vita come un sogno, che il vento si è portato via. Visse innocenti storie d’amore, fatte di trepidazione e d’attesa. Il tema dell’amore ritorna, come esperienza personale, a rievocare i momenti di passione della donna e il sentimento ambivalente della madre”… nel cuore delle madri / si fa carne il bocciolo… / ogni madre / nasce / nel grembo dei figli…” Il motivo del paesaggio, così radicato in Maria Teresa, si fa suggestivo corpo nell’haiku, fiorito in Giappone nel settecento e portato al massimo splendore dal Maestro Basho. L’haiku ha un profondo legame con la filosofia zenista che, basandosi interamente sulla facoltà dell’intuizione, adotta la poesia come mezzo espressivo. L’intuizionismo richiede, per manifestarsi, indicatori che sono, per lo più, enigmatici, irrazionali, scevri da qualsiasi interpretazione intellettuale. La loro essenza è la brevità, la momentaneità la loro caratteristica. La Nostra, sempre pronta ad afferrare qualsiasi moto della natura e del cuore, ci dimostra, anche nei suoi haiku, che ogni attimo è assoluto e vivente. Scende la sera e gli occhi cercano le stelle, vassoi di luce nella notte per le nostre mani. All’alba le passere, maternamente insegnano a volare alle figlie, seminando ” gemme di piume ”, laddove il calice della rosa trabocca di rugiada e canta il suo inno al nuovo sole. I fiori sulla siepe sono ” cime di rondinelle”, mentre l’anima si crea prati colorati per un’estate sua, tutta sua. Flash del cuore gli haiku di Maria Teresa, attimi di eternità, un paesaggio-stato d’animo che fa volare il lettore lontano, lontano con ali ”di bianca farfalla”. Voli della fantasia e dell’anima, quell’anima che la poetessa ci invita a non cercare perché …” scintilla di Dio, / invisibile traccia / dell’infinito amore… / Non la racchiude la mano… / … sta dove non sta” / Solo gli occhi dell’anima e quelli dei bambini hanno le giuste pupille per guardare il bene e il male di questo mondo. ” L’ombra non supera la luce ”, un apparente caos nel quale il lettore, inizialmente stenta a individuare il filo conduttore che, poi, emerge e lo cattura coi suoi molteplici barbagli. Una forte spiritualità permea le liriche e genera quella pietas con cui la poetessa guarda all’umanità lacerata e chiede che ne siano curate le ferite. La Poesia è travaglio, doloroso parto di angosce, ansie, paure che attanagliano il cuore e chiedono di venire alla luce perché l’anima abbia il suo lavacro. Il suo viatico, nella Nostra, è la parola alata e salvifica, che genera quelle splendide metafore capaci di ghermire la realtà per esprimerla in immagini, ora eteree, ora decise e forti. L’opera, nella sua profondità e musicalità, denuncia un sincretismo poetico-culturale vasto, suggestivo di echi di grandi maestri, non ultime le ricorrenti azzurrità di hessiana memoria. Nell’empatia con Hesse, anche l’aspirazione a farsi natura dopo la morte:” Saremo risacca… / arieggiare di papaveri / oltre gli steli, oltre / l’oro delle spighe…” Ma del Nobel tedesco c’è in Maria Teresa soprattutto il pregio dell’essenzialità, che penetra il cuore delle cose e si interroga profondamente sul senso della vita. E la poetica della parola e della luce;” ”… Ciò che ci viene incontro confuso / diventa chiaro e semplice in poesia: ” / il fiore ride, la nube piove, / il muto parla, il mondo ha senso. (Hermann Hesse, Sprache (Linguaggi), 1929- 1941.

Nuccia Fratto Parrello

 

 

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