LA STORIA DI UNA SOFFERENZA “APPASSIONATA”
di Giulia Calfapietro
“E adesso parlo” sembra un romanzo come tanti altri.
Una narrazione che si snoda fra eventi e situazioni,
presentando, man mano che si procede, scenari e
personaggi. Nel delinearsi della storia i protagonisti
diventano specchio di centinaia di stati d’animo
differenti, provano emozioni e sensazioni, non
soltanto nel rapporto con il proprio io, ma anche con
gli altri ” abitanti” del racconto. Ogni cosa sembra
accadere nello stesso modo in cui essa accade in un
romanzo di ordinaria tessitura e i lettori ricevono
dalle sue pagine gli stimoli giusti per poter esprimere
essi stessi le proprie reazioni dinanzi alle situazioni
che i diversi capitoli propongono.
Poi, qualcosa di magico accade: mentre la scrittrice
mette insieme il mosaico della sua storia, il vissuto
emozionale della narrazione cambia il suo aspetto, si
trasfigura e si sposta definitivamente da una
dimensione individuale ad una universale. Il libro non
è più semplicemente la storia di Mary, della sua
famiglia, della sua quotidianità, della sua sofferenza e
dei suoi desideri, ma diviene la ” narrazione
emozionale” di qualsiasi bambina, figlia, donna,
amante e scrittrice in qualsiasi posto del mondo.
Mary finisce per rappresentare quella bambina
obbligata a crescere in una condizione squallida,
tipica di una umanità paralizzata; quella giovane figlia
incapace di trovare fiducia e lealtà in seno alla
famiglia di origine, soprattutto nel rapporto con la
propria madre; quella donna alla continua ricerca
d’amore, necessario sia come approdo finale che dia
un senso alla propria esistenza sia come rifugio sicuro
da tutti i mali della terra. La protagonista perde,
perciò, ogni peculiarità relativa al proprio aspetto
fisico o ai suoi comportamenti dinanzi alle situazioni
narrate nella storia e si trasforma nell’ “essere
umano” che vive una profonda condizione di miseria
sociale e di rifiuto personale.
Ogni tinta, ogni nuance nei sentimenti di Mary si
impone all’attenzione di chi legge e ne richiede un
continuo riscontro a se stessa e agli altri al di fuori del
libro, si espande, si dilata fino a riempire tutto lo
spazio virtuale nell’immaginazione e nel vissuto
emozionale del lettore. Alla fine il sentimento si
dissolve, ma soltanto per dare modo ad un’altra
emozione di sbocciare, imporsi e superare la
precedente in una forza narrativa dirompente.
Tutto ciò è possibile grazie all’abile manipolazione
della lingua che avviene ad opera dell’autrice. Una
lingua che si arricchisce, via via, di un lessico raro,
coinvolgente, che a volte intimorisce a causa della
propria forza scarnificatrice e che rivela tutto il suo
potere interpretativo, decorandosi con merletti di
espressioni rivelatrici ed un uso personalissimo del
correlativo oggettivo.
Un grande ruolo nell’atmosfera della narrazione va
dato al setting, al palcoscenico della storia, che viene
tratteggiato con maestria e sensibilità femminile. Il
risultato è un miscuglio strano di insistente povertà,
che rivela componenti umane, relazionali, sociali e
storiche. La pochezza di molti dei personaggi del libro
dà origine alla loro crudeltà, al senso di sconfitta, alla
prevaricazione, alla rozzezza, all’ignoranza, ma
soprattutto all’inadeguatezza del vivere la propria
esistenza a causa di quella sterilità emozionale che
genera la evidente chiusura mentale e l’immobilità
del cuore.
Le parole chiave, che percorrono tutta la storia e ne
caratterizzano il risultato finale tanto da condizionare
tutta l’esperienza del lettore che ha ” viaggiato con
Mary” fra le pagine dell’opera, sono: amore e
passione. Mary ama la vita profondamente anche se
essa ha rappresentato la fonte del suo dolore più
grande e di ogni sofferenza lancinante che ne è
scaturita. Ama la vita perché, anche nei momenti più
terribili, Mary è stata capace di catturarne l’intensità
profumata, frutto dell’intima relazione con la natura
intorno e tutti i suoi elementi di oggettiva bellezza: i
fiori, gli uccelli, il mare, il cielo, la luna, il risultato
della meravigliosa creazione divina, la prova evidente
della Sua misericordia nei confronti dell’esistenza
umana. Mary diventa ” ogni Mary” capace di trovare
nell’assoluta oscurità di un sentiero esistenziale,
lastricato di cattiveria, la fonte della redenzione, il
significato più alto della caducità umana. E’ sempre in
grado di svelare ai propri occhi la dolcezza nascosta
contenuta nella carezza, anche se appena accennata,
di una esistenza essenziale, sebbene essa sia la più
difficile da concepire.
Ma questa è anche la storia di una enorme passione
che collega, in una alchemica condivisione, la
scrittrice e la protagonista. La scrittura si impone
come bisogno forte, come un desiderio mai
completamente soddisfatto per entrambe. Le parole
chiamano a sé altre parole ed il profumo
dell’inchiostro e della carta non si rivela mai
sufficiente. Scrivere è insieme la cura contro ogni
sorta di sofferenza, ma è anche la malattia stessa.
Mary è pienamente consapevole che per lei può
essere possibile superare le difficoltà ed i traumi della
vita solo grazie alla scrittura. E’ la scrittura quella
capace di darle una sensazione di sollievo, ad
adagiarla in uno stato di vaga e malinconica felicità: la
sola effettiva arma in suo possesso capace di farle da
scudo in ogni situazione di torto gratuito. Allo stesso
tempo, però, scrivere richiede energie e provoca
spesso cadute momentanee dinanzi alle incombenti e
subdole minacce. Giunta al termine del processo di
creazione Mary si ritrova priva di forze e senza il
coraggio necessario per andare avanti.
Mary ha l’esatta consapevolezza, come la sua autrice,
che la vita non è semplicemente un insieme di eventi
e di situazioni. I fatti non esistono in quanto tali. Ogni
istante ha bisogno di essere “narrato”. Lo storytelling
si rivela fondamentale per raccontarsi e raccontare se
stessa agli altri. La vita non esisterebbe senza la
narrazione di essa così come l’arte non potrebbe
essere oggetto di ammirazione senza la
rappresentazione che si fa di essa.
Così Mary racconta gli episodi salienti della sua vita
sottolineando le reazioni emozionali relative ad
ognuno di essi. E’ questo il processo indispensabile
per comunicare l’essenza divina del tempo che passa.
Allo stesso modo l’autrice di questo romanzo mostra
ai propri lettori la sua maestria nel maneggiare lo
storytelling, che si impone quale unico strumento,
per se stessa e per il suo pubblico, per divenire parte
essenziale di quel sensibile flusso di vita e per
condividere quegli istanti di esistenza soggettiva nel
momento stesso in cui si trasfigurano in un universale
magico e sovrannaturale connubio.