venerdì, Settembre 20, 2024
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Angela Celentano e la «pista turca», il giudice chiede e ottiene una proroga: «La Turchia non collabora»

Angela Celentano avrebbe oggi 31 anni. Ne aveva soltanto 3 quando, il 10 agosto 1996, scomparve nel nulla sul Monte Faito, facendo perdere per sempre le tracce di sé. Era insieme ai genitori, aveva appena messo il broncio al padre Catello perché non la faceva salire su un’amaca. Un attimo era sparita. Un caso che avrebbe attraversato la storia del nostro Paese, in un susseguirsi di possibili indiscrezioni, annunci, smentite, piste da seguire e che non avrebbero però mai portato a nulla. Oggi, a 28 anni da quella drammatica sparizione, un nuovo capitolo.

La giudice delle indagini preliminari di Napoli Federica Colucci ha infatti scritto: «Nonostante i solleciti del sostituto procuratore al ministero della Giustizia, nulla è pervenuto dalla Turchia, né il ministero ha risposto sui tempi di evasione della rogatoria», perciò «chi scrive ha concesso ulteriore proroga di 180 giorni per le indagini». Un annuncio che segue la decisione, presa a fine maggio, di non archiviare l’indagine e proseguire lungo la cosiddetta “pista turca”, avviata dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea nel 2009.

Si era parlato di “pista turca” perché una sorta di inchiesta indipendente di una privata cittadina italiana, Vincenza Trentinella, aveva indicato il piccolissimo isolotto turco di Buyukada come il luogo dove potrebbe trovarsi oggi Angela, che vivrebbe con un uomo che crede sia suo padre. Trentinella aveva dichiarato che a metterla su questa pista era stato un prelato (don Augusto), che a sua volta aveva saputo tutto da una persona in confessionale. «Così, dopo la sua morte, andai in Turchia a verificare quella storia — aveva detto Trentinella — ed ebbi la certezza che era tutto vero: quell’uomo esiste, io l’ho incontrato con un pretesto, ha una cicatrice sul collo. E Angela vive con lui».

Gli inquirenti, però, alla fine avevano optato per l’archiviazione. Non dello stesso avviso la giudice Colucci, convinta che quella pista turca andava approfondita. Archiviazione negata e richiesta di nuovi approfondimenti: al momento tutto inutile, visto che «allo stato nulla è pervenuto dalla Turchia né il ministero della Giustizia risponde sulla tempistica della rogatoria». La Turchia, insomma, non collabora. E per questo il pubblico ministero Giuseppe Cimmarotta ha chiesto e ottenuto altri sei mesi di proroga delle indagini. 

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