giovedì, Settembre 19, 2024
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Senza un popolo sovrano, l’Europa vivrà nell’equivoco profondo

di Gianluigi Paragone

Premesso che una campagna elettorale così poco incisiva ed “europeista” mi fa supporre che il tema interessi davvero poco, nel giro di poche ore mi sono imbattuto in due articoli profondamente diversi tra loro: il primo era del team della Gabanelli per DataRoom, il secondo è di Lucio Caracciolo con Laura Canali, in quota Limes. La prima elencava dieci buone ragioni per andare a votare, sottolineando il valore della Ue; i secondi invece ponevano profondi dubbi sulle reali capacità dell’Unione europea di giocare un ruolo proprio, unitario, senza subire il gioco speculare degli Stati membri. Se Caracciolo, sulla scia degli ultimi numeri della rivista di geopolitica e del suo libro “La pace è finita”, poggia l’Europa sulle mappe globali pesandone la consistenza, la Gabanelli ne calcola il peso rispetto ai cittadini italiani sottolineando i progressi che Bruxelles avrebbe portato.

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Chi mi segue sa cosa io pensi dell’Unione europea, pertanto voglio compiere un esercizio diverso. Prendo per buoni i propositi di Dataroom e per gioco condivido quanto scritto. A questo punto però rilancio una domanda: se l’Europa è tutto questo, perché non la liberiamo dalla sua maledizione (e qui sono costretto a citare il mio libro “Maledetta Europa”)? Perché non consentiamo ai cittadini di dire, dopo questo lungo periodo, se vogliono stare in Europa oppure no?

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Il 2 giugno abbiamo festeggiato la Repubblica in omaggio al referendum popolare che affidò agli italiani la scelta circa quale forma di Stato fosse più idonea per ripartire dopo il fascismo. Vinse la forma repubblicana, cioé gli italiani respinsero l’idea che fosse nuovamente un sovrano a legittimare gli organi costituzionali. Da qui il principio per cui la “sovranità appartiene al popolo nelle forme e nei limiti della Costituzione”. In poche parole il popolo sovrano elegge i suoi rappresentanti legittimando dal basso il parlamento; e poiché la repubblica è parlamentare il governo deve godere della fiducia delle Camere (e si torma al popolo sovrano) altrimenti buonanotte ai suonatori.
Perché questa precisazione? Perché nessun nuovo soggetto istituzionale, nemmeno l’Europa, può pensare di poter fare a meno del popolo. L’euro come motorino di avviamento non può bastare sine die: ci vuole la legittimazione dal basso. Che non coincide con il parlamento europeo, il più debole degli organismi Ue. Allora domando: perché non si scioglie questo nodo gordiano? Quando ai cittadini si darà la possibilità di legittimare con il proprio consenso questo progetto, così da avviare una discussione ben più seria di quella fatta in queste settimane? Come si può pensare di andare oltre senza una Costituzione europea? Davvero la somma dei trattati avrà la forza di una Magna Charta?

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Evidentemente qualcuno teme un effetto sorpresa, una specie di Brexit. Dunque si preferisce la predicazione blindata oppure la frase “Gli inglesi si sono pentiti della Brexit”. Faccio notare che, intervistato da Repubblica, il leader dei Laburisti Keir Starmer ha dichiarato: “Voglio essere chiaro: non torneremo in Ue e tantomeno al mercato unico o nell’unione doganale perché bisogna accettare il risultato del 2016”. Keir Starmer vola verso la vittoria, evidentemente tutto questo pentimento nell’aria non lo sente.

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