giovedì, Settembre 19, 2024
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“Ti diamo cento euro per non abortire”: l’offerta shock in ospedale di due attiviste pro-vita

Aveva deciso di abortire, ma viene prima respinta dal Galliera e poi avvicinata da due militanti a Villa Scassi, che le offrono cento euro per rinunciare all’aborto. È l’odissea di una ragazza incinta di origini straniere che, dopo i due episodi, si è rivolta ad amiche e attiviste per ricevere un sostegno concreto. La giovane non sapeva di essere incinta quando ha raggiunto la prima struttura: si era recata in ospedale perché aveva nausea profonda e capogiri frequenti. Così le hanno suggerito il test di gravidanza, che ha eseguito nel bagno della struttura con il supporto di un’amica. Come riporta Repubblica, dopo essere risultata positiva e averlo comunicato ai medici, le hanno detto che non potevano aiutarla senza un consiglio sulle alternative da cercare. L’amica ha avuto l’idea di andare a Villa Scassi, che applica la legge 194.

“Una vita non si butta via”

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Nel pronto soccorso del secondo ospedale genovese, la ragazza è stata avvicinata da due donne che, una volta scoperto che aveva già tre figli, le hanno fatto la paternale sulle ricadute psicologiche di un’interruzione di gravidanza. Addirittura, le hanno offerto cento euro per tenere il bambino, dicendo «una vita non si butta via». A questo punto, le due si sono identificate come attiviste per Centri per la vita senza indicare una specifica associazione. A quel punto, le due amiche si sono alzate e se ne sono andate. A quel punto, la ragazza incinta si è rivolta a due attiviste per la tutela della salute riproduttiva: Alice Merlo, genovese testimonial nel 2020 di una campagna per la pillola Ru486, e Federica Di Martino, psicologa e creatrice del canale “Ivg, ho abortito e sto benissimo”. Di Martino ha riferito a Repubblica che «approfittare della vulnerabilità, pensando di comprare la nostra libertà (con cento euro poi) è quanto di più violento si possa immaginare». Ha evidenziato che «le donne straniere vivono uno stigma plurimo, soprattutto in ambito riproduttivo. Fare propaganda sui corpi dei più vulnerabili è una politica pericolosissima». Merlo ha detto al giornale che le cause economiche e sociali per le quali una donna può abortire «non si risolvono nei consultori ma aumentando gli stipendi e lavorando sul congedo parentale». Ci tiene anche a sottolineare che la presenza degli anti-abortisti nei consultori non è nuova. Da anni si trovano in regioni come Liguria, Lazio, Lombardia, Campania, Trentino, e cercano di influenzare le coscienze delle persone che vanno ad abortire.

La risposta dell’ospedale

L’ospedale di Villa Scassi, contattato sempre da Repubblica, si è discolpato dicendo che non autorizza l’ingresso di rappresentanti di associazioni pro vita nei propri ambulatori o negli spazi interni, «non ne è prevista in alcun modo la presenza e se fosse avvenuto avremmo immediatamente chiamato la sorveglianza».

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