venerdì, Settembre 20, 2024
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Karate e Sindrome di Asperger

Karate e Autismo un connubio applicabile 

L’Autismo fa parte, insieme alla Sindrome di Asperger, alla Sindrome di Rett, al Disturbo Pervasivo dello Sviluppo. La dizione ‘Disturbi dello Spettro Autistico’ (Autism Spectrum Disorders, ASD) per Autismo, Asperger e PDD-NOS.

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Questa definizione (spettro autistico) significa che il disturbo colpisce ciascuna persona in modo differente variando da una lieve a una grave sintomatologia.

I disturbi dello spettro autistico originano comunque da una compromissione dello sviluppo che coinvolge le abilità di comunicazione e di socializzazione, e sono in generale associati a comportamenti inusuali (ad esempio comportamenti ripetitivi o stereotipati) e a un’alterata capacità immaginativa.

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La sindrome si configura come una disabilità permanente che compare in età infantile ma accompagna il soggetto per tutta la durata della vita.

Le caratteristiche del deficit sociale e cognitivo, come in generale la sintomatologia clinica, sono eterogenee in termini di complessità e gravità e presentano una espressività variabile nel tempo. Inoltre, si definiscono le abilità sociali come quei comportamenti che conducono ad un appropriata interazione sociale. A riguardo, un interessante studio è stato pubblicato nel 2012 da un team di studiosi con sede in Iran, ad Isfahan, il quale si propone di verificare se le tecniche del Karate – (“via della mano vuota”) è un’arte marziale originaria dell’isola di Okinawa – possano portare ad una diminuzione dei problemi in area sociale in soggetti.

In questo contesto lo studio si propone di verificare l’effetto di questa antica pratica in soggetti con disturbo dello spettro autistico.

Gli studi pedagogici, infatti, sostengono che l’apprendimento e la crescita in tutti i bambini è sicuramente il gioco – nell’ambito sportivo – il bambino viene esposto ad una potentissima e positiva miscela di nozioni, molto utili per una crescita sana. L’ipotesi di applicare le regole del Karate riguarda un possibile miglioramento dei deficit in area sociale negli autistici dopo un training con un insegnante di Karate.

Il training prevede l’insegnamento del primo Kata (Heian Shodan), ossia una serie di tecniche di attacco e difesa con gli arti superiori ed inferiori, concatenate tra loro da eseguire da soli.

Il gruppo sperimentale dunque viene sottoposto ad allenamento specifico per 14 settimane, mentre il gruppo di controllo non viene sottoposto a nessun allenamento.

I gruppi di ragazzi partecipanti allo studio sono formati da:

30 soggetti, di cui 26 maschi e 4 femmine, tra i 5 fino ai 16 anni di età.

Il training ha una durata di 4 allenamenti a settimana per un totale di 14 settimane. I risultati mostrano come nella scala relativa alle abilità sociali (social interaction subscale of Gilliam Autism Rating Scale-Second Edition) solo i soggetti appartenenti al gruppo sperimentale mostrano un forte decremento delle disfunzioni in ambito sociale, come la resistenza al contatto fisico, il ritiro sociale e la scarsa imitazione.

Gli studiosi considerano il decremento delle disabilità sociali come diretta conseguenza dell’esercizio fisico.judo arte marziale bambini palestra attività fisica

In particolare, dato che lo studio si è concentrato sul Karate e non sull’attività fisica in senso ampio, occorre evidenziare alcuni aspetti. La pratica del Karate passa attraverso 3 fasi, ossia il Kyon, il Kata e il Kumite.

Il Kyon riguarda una serie di tecniche che possono variare da allenamento ad allenamento, il cui significato è di abituarsi ad eseguire la tecnica nel modo migliore possibile utilizzando tutti i segmenti corporei in modo armonico ed efficace.

Il Kata è relativo ad un insieme fisso di tecniche codificate da eseguire in successione, attraverso diversi livelli di difficoltà crescente.

Il Kumite invece è il combattimento che avviene a viso aperto tra due atleti.

L’aspetto fondamentale nel campo dei disturbi dello spettro autistico è che sia il Kyon che il Kata vengono allenati singolarmente rispettando i tempi e le caratteristiche psicofisiche di ognuno, ossia durante la pratica non si è obbligati ad interagire con nessuno, a parte ovviamente con l’insegnante che sapientemente deve adattare l’allenamento agli allievi.

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Viene così rispettata una caratteristica fondamentale dell’autismo e, così facendo, si può insegnare il Karate rimanendo aderenti alle caratteristiche di ognuno.

Inoltre, la sequenzialità e la ripetitività con una quota di caos, dovuta all’interazione con gli altri e all’apprendimento del gesto, davvero minima, divengono una base sicura per quei soggetti che hanno difficoltà nella pianificazione delle azioni e presentano un buon grado di rigidità cognitiva, come appunto nell’autismo.

In conclusione, l’ipotesi di usare Karate o altro tipo di esercizio fisico e la partecipazione all’attività sportiva sono fondamentali nello sviluppo di tutti i bambini, sia con sviluppo tipico che atipico.

 

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